Teatro Noh: Scuola HŌSHŌ e Scuola KONGŌ
In occasione del 75mo Anniversario dei rapporti diplomatici tra Vaticano e Giappone il 23 e 24 Giugno, all’interno del Palazzo della Cancelleria di Roma, si sono tenuti due eventi caratteristici, i quali hanno guidato il pubblico verso un mondo sensoriale e ricco di simbolismi. Si sono infatti svolte sia le esibizioni teatrali, sia un’esposizione dei costumi indossati durante le rappresentazioni. Inoltre, un breve excursus storico del teatro giapponese e la possibilità di provare le maschere tradizionali, hanno incuriosito gli spettatori, invogliandoli così a prendere contatto con una cultura lontana dalla nostra
Le arti Nō e Kyōgen sono nate assorbendo elementi culturali di altri paesi e differenti civiltà sin dall’antichità: dalla Grecia alla Roma antica, da Bisanzio – lungo la via della Seta – dall’India all’Indonesia. La fusione dei vari “fervori” si è così plasmata nel clima e nel contesto peculiare del Giappone, accostandosi sia alle colture agricole, sia innestando una forza che allontana il terrore dal cuore degli uomini. Molti di questi inserimenti vedono quindi uno sviluppo lungo i secoli fino ad oggi, come per esempio il “design”, che illustra costumi e disegni geometrici utilizzati nella danza Okina, ove l’influenza della civiltà romana è percettibile.
Le due forme di rappresentazioni fanno parte del bagaglio tradizionale del Paese: dal XIV secolo ad oggi si sono evolute e sono state riconosciute dall’UNESCO patrimonio universale dell’umanità nel 2001. Gli spettacoli del Nō in epoca medievale – in complessi religiosi e templi – poi nel periodo delle guerre, alla corte imperiale e infine in epoca moderna, costituiscono una dimostrazione dell’arte scenica, di provenienza sarugaku (dal cinese sangaku). Percorsi paralleli, ma al contempo diversi, accomunano una sintesi drammatica dal canto alla danza del Nō, fino alla mimica del Kyōgen.
Su un palco di legno quadrato, che per gli esterni presenta la classica struttura con il tetto delle classiche architetture giapponesi, si muovono i due attori principali (shite e waki), a volte accompagnati da altri personaggi (tsure). La presenza di un coro detto “ji”, dai 4 agli 8 componenti, fa da contorno alla dimensione. Il complesso musicale, lo hayashi, comprende invece un flauto (fue), due percussioni a forma di clessidra (kotsozumi, la più piccola, e l’ōtsuzumi più grande), suonate a mani nude, e un tamburo denominato taiko, battuto con due bacchette.
Il teatro Nō è un misto di poesia, di musica e di danza. Il testo, al contrario, lavora sull’intreccio del linguaggio verbale e melodico, sui toni e i ritmi di modulazione della voce: la combinazione dunque tra parola, musica e scena crea una partitura che dà voce ad un esempio di teatro totale. La prerogativa è l’essenzialità: simbolismi e gestualità rendono l’atmosfera suggestiva, mentre il senso di catarsi è l’unione tra danza e sacralità. Quest’ultima è insita nell’uso delle maschere; portate sul palco dentro dei bauli (men-bako) come “voto”, sono poi indossate durante l’esibizione. Anche il battere i piedi sul palco assume il puro significato di scacciare gli spiriti maligni.
“Okina” e la “Resurrezione di Cristo”, a cura della Scuola Hōshō, ci hanno davvero fatto viaggiare all’interno di un mondo incantevole. Il primo, in realtà, non è uno spettacolo di Teatro Nō, ma appartiene ad una particolare forma rituale: senza una trama vera e propria, gli attori interpretano delle figure divine, le quali danzano per la pace, la prosperità e la salvezza sulla terra. La seconda, invece, è una rappresentazione che parla di Cristo. Scritta dal missionario tedesco, Hermann Heuvers, è già stata portata in scena nel 1957 da Kurō Hōshō, della 17ma generazione Hōshō. Riproposto al “Festival Cultura Cristiana e delle Arti Classiche Giapponesi” (1963) descrive dei brani del Vangelo di Giovanni e Matteo tradotti in forma poetica giapponese, gli Haiku, di tre versi di 17 more, basate su uno schema di 5/7/5.
Con il supporto di Sophia University, Associazione Italo – Giapponese, l’Istituto Giapponese di Cultura in Roma in collaborazione con Associazione Hōshō, con il Patrocinio di Agency for Cultural Affairs Government of Japan, The Tokyo Club, a presentare l’evento un componente dell’Associazione Hōshō. L’intervento del co-presentatore dell’Ambasciata del Giappone in Vaticano, invece riferisce che grazie ai missionari giapponesi sono nate derivazioni religiose, che nel corso del tempo hanno raggiunto l’Europa. Le danze sono parte del cerimoniale ufficiale, dove il fine è quello di offrire il pane agli Dei con del sakè, evidenziando così la sacralità del momento. Una sorta di purificazione, in cui gli attori si concentrano sulla performance per 7 giorni: tutto ciò, oltre uno sfondo psicologico, richiede delle rinunce, meditazione, ma soprattutto l’iniziazione dei performer, prima dello spettacolo. Gli interpreti, infatti, grazie al rituale dell’Okina, contemplano su corpo e mente; gli astanti invece si accingono ad una visione contemplativa e sensoriale.
Il nostro occhio si abitua a movimenti fluenti e circolari, ove lentezza ed equilibrio hanno un proprio respiro. I piedi, uno di fronte l’altro, provocano un fruscio sul palco, e chi si esibisce sembra librarsi in aria. L’armonia richiama suoni della natura proponendo suoni glutturali-onomatopeici mentre le movenze del corpo evocano danze tribali e ancestrali. Sul palco sono tutti uomini: interpretano anche ruoli femminili, come avviene nel teatro shakesperiano.
La musica è dunque emblematica: verte tra dolcezza e calma, subendo leggere accelerazioni di ritmo e di voci, capaci di ridestare il pubblico da un candore che plasma gli animi. I sonagli richiamano i gesti della semina, e le maschere di legno dipinto sono invece mono-espressive. Il taglio della luce, a seconda di come cade, ne accentua l’espressività; non è però facile abituarsi alla visuale delle stesse, la quale direziona unicamente davanti e in basso. Ecco spiegato il perché dei movimenti del corpo morbidi e fluenti, basati sulla circolarità. Le maschere oggi si classificano in circa sessanta tipologie, ma quelle tramandate superano duecento modelli diversi. Esse fanno riferimento sia a sembianze non umane – demoni, divinità, fantasmi, spiriti di piante –, sia a quelle umane.
La sensazione che riceviamo è quella del costante volo: il continuo gioco di braccia e delle maniche larghe del kimono, rappresenta l’elevazione spirituale. Un ventaglio è tenuto sempre in mano: simboleggia i combattimenti dei samurai, ed era utilizzato al posto della spada. Aperto e chiuso all’occorrenza, il ventaglio degli spettacoli è il Maiohgi-gata.
Un dono dunque che il pubblico riceve in nome della serenità, della pace e della prosperità. Tant’è vero che l’atmosfera creatasi ha il tono di un vero e proprio rito sacro: una volta iniziata la rappresentazione nessuno può entrare ne uscire dalla sala. Il pubblico diviene così testimone di una cerimonia di dimensione mistica e sacrale. Si rimane inoltre incantati dai costumi di seta e broccato, dipinti a mano, ricamati e intessuti di fili d’oro, impreziositi dalle stoffe e dai caratteristici disegni geometrici. La linea “T” ne delinea modelli e linee mentre il modo di indossarli ne enfatizza linearità e voluminosità.
Annalisa Civitelli
Foto: Miriam Taurino
23 e 24 Giugno 2017
OKINA
Okina (Shite – attore principale): Kazufusa Hōshō
Senzai: Sotarō Waku
Sanba-sō: Sengorō Shigeyama
Portatore di maschere: Tatsuya Iguchi
Koken: Hiromi Shimada
24 Giugno 2017
Resurrezione di Cristo
Cristo: Kazufusa Hōshō
Mary Magdalene: Sotaro Waku
La madre di Jacob: Hajime Tazaki
Angelo della voce: Isa Takeda
Direttore di Scena: Nobuharu Sawai (mihoproject co.)
Direttore d’Allestimento: Kenichi Nomura (mihoproject co.)
Coordinamento per il tour: mihoproject co. ltd.
Nō Okina – 23 e 24 Giugno
Nō Hagoromo – 23 Giugno
Nō “Resurrezione di Cristo” – 24 Giugno
Presentatore Associazione Hōshō
Co-presentatore Ambasciata del Giappone in Vaticano
Con il supporto di Sophia University, Associazione Italo – Giapponese,
L’Istituto Giapponese di Cultura in Roma
In collaborazione con Associazione Hōshō
Con il Patrocinio di Agency for Cultural Affairs Government of Japan, THE TOKYO CLUB
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