Ovvero l’urlo della libertà femminile
Al Teatro Vascello di Roma Casa di Bambola è andato in scena dal 26 gennaio al 5 febbraio. Il testo di Henrik Ibsen, su adattamento e regia di Roberto Valerio, intende fornire una critica, assai moderna, sulla difficoltà dell’emancipazione femminile
Casa di Bambola (1879) è una dell’opere più conosciute del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, insieme a Spettri (1881) e Hedda Gabler (1890). Il testo, suddiviso in tre atti, racconta il ruolo femminile all’interno di una famiglia borghese. La protagonista Nora (Valentina Sperlì), moglie di Torvald Helmer (Roberto Valerio), è una donna capricciosa e immatura. Vezzeggiata e chiamata con nomignoli dal marito avvocato, uomo serio e conscio delle responsabilità della vita, nasconde un grande segreto. Nora è indebitata con l’avvocato Krogstad (Michele Nani); si barcamena tra continue privazioni e conti per restituire la somma. Sognando già un avvenire prospero e spensierato, grazie alla nomina imminente del marito a direttore di banca, si ritrova di colpo ricattata da Krogstad.
La donna vive momenti di estrema preoccupazione: prova infatti diversi stratagemmi per evitare che il marito venga a conoscenza del ricatto, ma ineluttabilmente Torvald scopre il fatto. Annebbiato dall’angoscia, e dal suo delirio personale, così l’uomo allontana con parole dure Nora. La mediazione di un’amica comune, la signora Linde (Carlotta Viscovo), risolve repentinamente la questione: l’avvocato rinuncia al suo ricatto, e Torvald, pensando egoisticamente solo alla sua carriera, torna a vezzeggiare la moglie come se niente fosse accaduto.
Tuttavia per la protagonista la vita non può tornare a essere quella di prima. Le sue certezze sul marito sono infrante: Nora comprende come il suo ruolo nel matrimonio non debba più essere quello di un “giocattolo” che procuri allegria al marito. L’amara presa di coscienza è improvvisa; Nora lascia Torvald nella speranza di farsi una vita fuori da quella “casa di bambola”, ma ci riesce davvero?
La lettura di Roberto Valerio è chiara: restituisce la visione di una donna corrosa all’interno dal dubbio di essere costretta, fin dall’infanzia, a vivere una vita di inettitudine. La pallida consapevolezza della protagonista svanisce, però, di fronte all’immagine viziata di un marito perfetto; i due coniugi non riescono mai a comunicare veramente, perché legati da una complicità giocata sul filo dell’abuso. Esemplificativo del dramma e di questa scena, è una breve coreografia, in cui Torvald insiste nel far provare dei passi di danza a Nora, la quale perde tutta la sua autonomia diventando vera marionetta nelle mani del marito.
La regia e il ritmo narrativo scorrono agevolmente in una scenografia (di Giorgio Gori) fissa, articolata e non lineare; a detta del regista: “sghemba, caricaturale, oscillante tra sogno e veglia“. Nora la domina, ed è l’unico personaggio che spazia e interagisce con essa. La parete di sinistra, dove la donna nasconde i suoi segreti, rappresenta la minuziosa e attenta organizzazione della sua vita. La parete sul fondo separa l’interno della casa dall’esterno, è arcuata e non finita: delinea uno spazio onirico, frutto delle allucinazioni di Nora, come il sogno del mare richiamato dal suono delle onde e anelito di libertà.
L’interpretazione di Valentina Sperlì, nei panni di Nora, è del tutto convincente. Grazie all’accurata espressività e alla padronanza della scena, ci restituisce il tormento, l’inquietudine e la ribellione che il personaggio cova dentro di sé. La Sperlì agevolmente si arrampica sulla parete e compie piroette e contorsioni nella danza guidata da Roberto Valerio, il quale nei panni di Torvald porta in scena un uomo egoista, ottuso, rude, a tratti molto inquietante.
All’altezza dei due protagonisti anche il resto del cast: Carlotta Viscovo veste i panni della signora Linde, forse un tipo piuttosto giovanile rispetto al personaggio che interpreta; Massimo Grigò, è un composto e innamoratissimo Dottor Rank; Michele Nani, infine, lo vediamo nel ruolo dalle sottili sfumature dell’avvocato Krogstad.
L’opera di Henrik Ibsen torna così a raccontare con forza il percorso evolutivo, sia di autocoscienza, sia di autoconsapevolezza della donna. Affievolita l’originale carica eversiva dell’opera, rimane una critica, assai moderna, sulla difficoltà dell’emancipazione femminile.
Alessandra Battaglia
Foto: Marco Caselli Nirmal
Teatro Vascello
dal 26 gennaio al 5 febbraio
produzione Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale
Casa di Bambola
di Henrik Ibsen
adattamento e regia di Roberto Valerio
con Valentina Sperlì, Roberto Valerio, Carlotta Viscovo, Massimo Grigò, Michele Nani e Debora Pino
scenografia di Giorgio Gori
costumi di Lucia Mariani
luci di Emiliano Pona
Quest’ opera di
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