Risate pungenti all’ombra del tricolore
Le peripezie di due fratelli alla ricerca della giustizia e della verità in un paese dove entrambe non vanno più di moda. Una satira grottesca tra corruzione, povertà e pregiudizi, che tra un controsenso e l’altro mostra come l’unica via di salvezza sia, molto spesso, escogitare una soluzione all’italiana
Nella cornice del Teatro Arciliuto di Roma, giunto ai suoi cinquant’anni di attività, va in scena dal 22 ottobre al 6 novembre lo spettacolo in due atti Se la legge non ammette l’ignoranza, l’ignoranza non ammette la legge. Prodotto da Fattore K. e in collaborazione con Anche Cinema, di e con Mimmo Mancini e Paolo De Vita, vede la regia di Gisella Gobbi. Un sodalizio di lungo corso, quello tra Mancini e De Vita, che per l’occasione raccontano le disavventure di due fratelli alle prese con la giustizia e la burocrazia italiana.
Siamo in tribunale. La scritta La legge è uguale per tutti ha perso qualche lettera e il suo antico splendore. I fratelli Carlo e Cosimo Capitoni, eternamente disoccupati, sono disposti a tutto pur di avere del cibo e un tetto sulla testa, anche correre il rischio di passare in galera i prossimi trent’anni. Il pretesto arriva a seguito della ricezione di una cosiddetta cartella pazza da parte di Equitalia: non potendo contare sulla giustizia né sull’aiuto dell’assessore e del giudice di pace che potrebbero risolvere il malinteso, architettano una serie di strampalati escamotages per cercare di finire in carcere, in attesa di un processo e di una sentenza definitiva che non arriveranno mai.
Nei novanta minuti di spettacolo, Mancini e De Vita si muovono sullo sfondo delle loro vicissitudini ambientate in Puglia, terra originaria di entrambi. L’utilizzo del dialetto rende ancora più pungenti le loro gag che ricordano il cabaret, risultando ancor più efficace nell’interazione con il pubblico. Il ritmo della recitazione, sempre vivo e serrato soprattutto nel primo atto, subisce un leggero rallentamento nel secondo tempo, leggermente meno brillante.
Scenografia e luci sono ben congeniati: pochi gli elementi sulla scena ( un paravento, il pannello del tribunale con la scritta, un grosso baule al centro del palco che contiene i costumi dei protagonisti ), mentre il disegno luci di Paolo Macioci, addetto anche alla parte audio, è spesso fisso e utilizza in prevalenza i toni chiari. Notevole la scelta dei costumi ad opera di Cesare Tanoni, che spaziano da quello storico al classico enfatizzando efficacemente il carattere grottesco dei due personaggi.
Con questa pièce, Mimmo Mancini e Paolo De Vita portano alla ribalta le assurdità e le incongruenze con le quali il popolo italiano si trova quotidianamente a combattere. L’essere costantemente a un bivio, il sentirsi dimenticati dallo Stato, la mancanza della certezza della pena sono problemi sociali che ci trasformano in birilli senza scampo, in attesa che qualcuno scagli il colpo decisivo per atterrarci. È inevitabile, allora, scendere continuamente in trincea e considerare nemico anche chi non lo è.
In un paese incapace di fare un passo avanti senza compierne due indietro, dove il sarcasmo lascia il posto all’amarezza, si sopravvive solo diventando furbi, arroganti e intolleranti. Soprattutto se manca una buona dose di cultura e si ignorano i reali problemi della collettività. Tra un controsenso e l’altro, allora, l’unica via di salvezza è escogitare una soluzione all’italiana maniera in attesa di un futuro migliore, tanto incerto quanto necessario.
Elena D’Elia
Teatro Arciliuto
dal 22 ottobre al 6 novembre
Se la legge non ammette l’ignoranza, l’ignoranza non ammette la legge
Prodotto da Fattore K
in collaborazione con Anche Cinema
di e con Mimmo Mancini e Paolo De Vita
regia di Gisella Gobbi
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